
Allora, ‘sta crisi?
Non è un mistero che la logica di investimento che da sempre suggerisco sia basata sulla diversificazione.
Anzi, più precisamente, sulle diversificazioni.
Non invento nulla, ovviamente, ma applico scrupolosamente.
Non è altresì un mistero che io sia particolarmente avverso al rischio.
Cosa penso, ad esempio, delle azioni?
Le ritengo non rischiose, di più: rischiosissime.
Le obbligazioni?
Per carità, lo sono quasi altrettanto.
Addirittura, il loro apparente aspetto tranquillo (una cedola, magari fissa, una scadenza precisa ed un valore di rimborso predeterminato), le rende persino più insidiose.
Argentina, Parmalat, Lehman Brothers ci ricordano qualcosa?
Oggi, con la realtà in costante ma repentina evoluzione, persino i depositi bancari possono avvicinare, nel percepito comune e con la prospettiva di qualche passettino indietro da parte degli Stati, la sostanza alla forma giuridica di deposito irregolare.
Gli immobili?
Meglio non parlarne…
I cali di prezzo e di commerciabilità degli ultimi anni hanno mostrato l’inconsistenza della diffusa e tradizionalmente accettata convinzione che ‘gli immobili non tradiscono mai’.
Resta da valutare l’oro, tra le principali forme di accumulo della ricchezza: stabile?
Un falso mito, considerato che solo nell’ultimo anno le quotazioni sono calate di circa un terzo.
Come valutare questo dato?
L’investimento in oro è o non è conveniente?
Le valutazioni da fare, in primis, sono relative all’ampiezza delle possibili oscillazioni di valore rispetto alla percezione di molti che lo considerano un bene rifugio per antonomasia.
Cosa significa tutto ciò?
Da cosa dobbiamo stare lontani?
Quali scelte compiere per tutelare i nostri risparmi?
L’inizio di questo ragionamento ne decreta anche il naturale epilogo: uscire dalla logica di ricerca (vana) dell’investimento perfetto e lasciar fluire una saggia diversificazione.
Facendosi assistere, magari, da chi in questo può suggerire le modalità più idonee per raggiungere quegli scopi importanti per la nostra vita e per quella dei nostri cari per i quali, alla fine, mettiamo da parte un po’ di risparmi.
(beh, qui mi sono ritagliato uno spazio auto-promozionale ^_^)
Il dato più eclatante che spesso utilizzo per mostrare cosa vuol dire la diversificazione geografica, risalta grazie al raffronto sugli indici azionari italiano, ad esempio, e statunitense dai precedenti massimi segnati nel 2007: -80% l’Italia contro un +10% l’investimento made in Usa.
E se rilevassimo le variazioni a partire dai minimi di inizio 2009 (post-Lehman, tanto per capirci), il confronto sarebbe persino più impietoso per l’investimento fatto in casa-Italia.
Analoghi confronti, pur con numeri differenti, possono essere fatti persino sui tradizionali investimenti in titoli di stato, arrivando a conclusioni sovrapponibili.
E quindi, ‘sta crisi?
Incredibile ma vero, il decennio in corso è quello che sta producendo più crescita a livello mondiale rispetto persino ai ruggenti anni ’80 ed a quelli dell’ubriacatura .com, attraversando nel complesso uno dei momenti più floridi e carichi di prospettive.
Di questo tratteremo nelle prossime settimane, e di come coglierne le occasioni.
Mentre una parte d’Europa langue ed un’altra attende l’esito di una sentenza…
; )