Cena cantonese

Cena cantonese

Quattro mesi e mezzo di assenza, dalle pagine di questo blog, colmate oggi?
Finalmente?
E, come al solito, sarà un caso?
Se gli impegni professionali più canonici mi impegnano al punto di non potermi dedicare con costanza a questa mia passione, mai faccio mancare la mia umile chiave di lettura agli amici che hanno la pazienza di leggermi quando la situazione economico-finanziaria lo richiede.

Certamente, anche in questi giorni.

Spesso, anche in passato, le vicende di uno o più paesi emergenti hanno minacciato la stabilità dei mercati internazionali ma, in questo caso, la dimensione ormai raggiunta dalla seconda economia al mondo fa della Cina una casistica non facilmente derubricabile nel banale ‘è già successo’.

E, quindi, qual è veramente la situazione?
Il governo cinese sta cercando di orchestrare uno strutturale cambiamento che ne trasformerà in modo definitivo l’economia: da aggressivamente esportatrice, grazie ai bassi costi di produzione, ad un modello più maturo basato in prevalenza sui consumi interni, con la significativa crescita di un ‘ceto medio’ progressivamente simile a quello dei paesi capitalisti, perfettamente integrato nel sistema finanziario internazionale.

I più bravi, infatti, spiegano che il significato della parola ‘crisi’ indica appunto ‘cambiamento’, ed è proprio questo il senso della crisi che sta attraversando la Cina: da un miliardo di sottopagati lavoratori, i cinesi si stanno trasformando in altrettanti provetti consumatori.
Non è facile, per il governo del popolo, destreggiarsi attraverso il quantitative easing alla cantonese e la progressiva riduzione del tesoretto costituito da riserve valutarie, pur enormi, per gli interventi necessari ad orientare il cambio dello yuan, ormai diventato valuta ‘vera’ (o quasi) da scambiare sui mercati.

Il rallentamento dei ritmi di crescita richiede meno petrolio e, se in passato i paesi produttori rispondevano con una minore produzione e ciò ne sosteneva il prezzo, in questa occasione la ‘guerra’ dell’Arabia Saudita nei confronti dell’amichevole rapporto instauratosi tra gli USA e i rivali di sempre dell’Iran (la storica, sempre intensa, rivalità interna all’islam, tra sunniti e sciiti) comporta il presidio delle proprie quote di mercato, mantiene molto elevata l’offerta e ne fa crollare il prezzo; a discapito dell’economia degli altri paesi produttori e degli stessi Stati Uniti che, attraverso molte società del settore, hanno effettuato ingenti investimenti, in questi anni, nell’indipendenza energetica che, per essere redditizia, richiede un prezzo del petrolio all’incirca doppio rispetto a quello attuale…

Tutto ciò, e non solo, genera turbolenza: i mercati si muovono, sempre, non tanto sui fatti quanto sulla base di aspettative.
Se i rialzi precedenti erano basati sulle attese di un determinato livello di crescita futura, la riduzione delle stime per tale crescita non può che generare un aggiustamento delle quotazioni.
Ma, attenzione, anche le recenti mosse sui tassi sono legate alle aspettative sulla crescita e crescenti timori di rallentamento dell’economia globale potrebbero comportare un ritocco alla rotta dei tassi da parte della Federal Reserve.

Domanda rigorosamente riservata ai lettori di sesso maschile: potendo scegliere, per un cena, preferireste la compagnia della super-governatrice Janet Yellen o della super-farfallata Belen Rodriguez? 😀

Riservandomi di trattare diffusamente, in altra occasione, l’esito di questo sondaggio, riporto alla mente che nelle turbolente ultime settimane dello scorso anno, già le scelte del miglior amico dei mercati, Mario Draghi, avevano scontentato un po’ tutti.
In cosa?
Il programma in atto è stato prorogato per un altro anno, fino al 2017, ed è potenzialmente illimitato in termini di quantità di moneta da ‘buttare’ sul mercato: cosa desiderare di meglio?
Si sarebbe preferito che l’annuncio ne prestabilisse anche, di già, l’ampliamento….
Ma, al di là di tutto, vale e varrà ancora e sempre, come dal lontano luglio 2012, il whatever it takes… #sapevatelo.
E quindi, se servirà, sarà fatto.

La scelta per le nostre lettrici è: a cena con Draghi o con Raoul Bova?
Obbligatorio solo il menù del ristorante: riso a chicco lungo con prosciutto, frittata a pezzettini, piselli, verdure e salsa di soia… 🙂
La carta dell’economia globale, invece, incorpora ingredienti che hanno il potere di rendere la pietanza in preparazione adatta al palato dei gourmet più esigenti: grandissima disponibilità di denaro e di materie prime (petrolio, ma non solo), a costi bassissimi.

Vabbè, quindi, che deve fare il risparmiatore?
La novità vera, rispetto a precedenti fasi di incertezza, è l’assenza del pasto gratis: in quanti hanno sempre trovato rifugio nel “mi accontento di guadagnare poco, ma almeno sto sicuro”?
La realtà ci propone invece rendimenti negativi persino per debitori scalcagnati (es. lo Stato Italiano, rating BBB-… scusate se è poco) e ignorare i fatti, incaponendosi nella vana ricerca, espone a conseguenze inattese.
È il caso delle apparentemente ‘sicure’ obbligazioni bancarie, magari non quotate, e tanto altro prossimamente su questi schermi…

La scelta corretta della diversificazione (anzi, delle diversificazioni), garantisce maggiore trasparenza e almeno altrettanta sicurezza, ad una sola condizione: sapere come muoversi.
In tal senso, ecco la semplice lezione che in tanti fanno fatica ad imparare: “I mercati finanziari oscillano, è nella loro natura. Apprendere il giusto atteggiamento verso le oscillazioni dei mercati è un passaggio fondamentale nella formazione di qualunque investitore di successo, professionale o meno che sia”. (The Intelligent Investor, B. Graham, 1949)

In vent’anni di attività, non ho mai visto nessuno perdere soldi a causa dei mercati.
Ne ho visti molti, invece, perderli a causa del loro atteggiamento nei confronti dei mercati.
L’errore tipico, che distrugge valore, è: “il mercato scende, vendo perché voglio stare tranquillo!”
Onestamente, la responsabilità della limitata cultura finanziaria dei risparmiatori non è solo loro, ma anche (soprattutto?) di quelli ai quali conviene: coloro a cui si affidano e persino dello stato.
È certo, però, che conviene imparare, e alla svelta, per tutelare meglio i sacrifici fatti nel mettere da parte risorse, spesso fondamentali per il futuro delle famiglie.

In tal senso, non sempre ho la forza per svolgere al meglio la mia parte in questa missione; ma ne mantengo, di certo, ardente e vivo il desiderio.

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