
La crisi c’è…?
La crisi non c’è.
Beh, e pure se ci fosse?
; )
Ovvio che la mia è una semplice provocazione.
Certo, i timori per il governo che poteva saltare hanno agitato, per giorni, i sonni di molti.
Lo shutdown, il fiscal cliff e chi più ne ha più ne metta sono stati per altri il principale turbamento delle ultime settimane.
Paura, eh?
; )
I mercati, nel frattempo, confermando una stima realistica della situazione, non hanno battuto ciglio con le borse vicine ai propri massimi (recenti o storici).
Pur (licenza poetica!), il nostro quotidiano ci offre continui spunti per la riflessione opposta.
Aziende in difficoltà, famiglie tese, Stato scroccone.
La crisi passerà.
A fine 2013, nel 2014 o, forse, nel 2015.
Ma cosa dovrà accadere affinchè passi?
Vedo, con i miei occhi, ciò che accade nel settore bancario.
Storiche roccaforti del risparmio, mostrano la loro debolezza.
Patrimoniale, in alcuni casi (occhio), ma soprattutto strutturale.
Draghi sfrutta la propria autorevolezza, sulla quale già l’euro si regge, per tranquillizzare (in pubblico) e muovere (in malcelato segreto) le pedine sullo scacchiere bancario internazionale (e nazionale).
E’ però il modello distributivo adottato fin qui, le classiche filiali, fonte di business per decenni, che si rivela ora fonte di grande dispersione del margine prodotto.
O meglio, di ciò che resta, depurato delle diffuse sofferenze nei crediti erogati.
Cioè, hanno prestato i soldi depositati dai clienti a chi, per colpa della crisi, non li sta restituendo…
L’intensificarsi dell’attività di vigilanza operata da Banca d’Italia falcidia i bilanci delle banche oggetto di tali attenzioni (tutte, tranne una…eh, eh, eh!).
In attesa di passare, a breve, progressivamente, il testimone alla vigilanza europea.
La crisi, quindi, ha accentuato una evoluzione già innescata dai modificati comportamenti dei clienti, ora sempre più abituati all’operatività fuori dal tradizionale sportello.
Il quale, ovviamente, non è più utile e viene sistematicamente chiuso.
Per conferma, basta una semplice passeggiata in una qualunque città per accorgersi che dove prima c’erano insegne bancarie ora c’è un bel cartello ‘AFFITTASI’ o ‘VENDESI’.
Segno, inevitabile, dei tempi.
E indelebile, al contempo, sulla pelle di coloro che all’interno di quello sportello ci lavoravano.
Ne hanno pagato un prezzo, in questi anni, in termini di pressioni: sono stati, spesso, ‘spinti’ a curare l’interesse della banca a spese dei loro clienti.
E la tendenza è accentuata da una dura lotta che è per la sopravvivenza.
Lo stanno pagando, oggi, in termini di ridotte aspettative: la carriera, in banca, è ormai un miraggio e addirittura l’ABI (l’associazione delle banche italiane) ha disdettato il contratto di lavoro per i dipendenti di banca.
Perderanno il posto?
Forse no, per ora, non tutti almeno.
Ma dovranno certamente rivedere il rapporto tra doveri e diritti e la modalità di retribuzione.
Poco?
Si andrà sempre più verso un modello che preveda una variabilità di stipendio, legata ai risultati, e un modello distributivo che veda sempre meno filiali e sempre più bancari in giro dai loro clienti.
Ciò consentirà una ripresa di redditività per le banche e una rinnovata solidità.
Aspetta, che questa mi sembra di averla già vista e sentita…
; )
Metafora della soluzione della crisi: facendo un passo indietro si potrà fare qualche passo avanti.
Un po’ ciò che sta accadendo alla nostra Italia.
In che modo riusciremo a svincolarci da ciò che finora ci lega ad un passato non più attuale?
La lezione, come a volte a noi italiani piace, viene dall’estero.
Paesi che crescono a velocità elevate, rimboccandosi le maniche, sviluppando tecnologie, infrastrutture e aziende.
Gli USA insegnano, sapendo coniugare durezza e flessibilità con un pragmatismo che emerge in modo risolutivo anche nei momenti più critici come quelli attuali.
La vita è ricca di problemi, si sa.
Ciò che fa la vera differenza è la capacità di trovare e adottare le opportune soluzioni.