Professori, giornalisti o banchieri? Chi sale in cattedra?

Professori, giornalisti o banchieri? Chi sale in cattedra?

Quante volte abbiamo assistito a sontuose levate di scudi contro le banche?

Che novità è questa?
Fino a qualche anno fa, infatti, il bersaglio più classico delle critiche erano le compagnie assicurative.

Chi non ha avuto modo di lagnarsene?

Chi non ha subito un qualche incremento dei premi  o qualche disputa relativa alla liquidazione di un sinistro?
Ce le ricordiamo le mitiche clausole scritte in piccolo e, per di più, in ‘assicurativese’?
Gli unici a non potersi lamentare delle assicurazioni erano gli assicuratori…

😉

Ma in questi ultimi anni, non c’è dubbio, nella hit-parade delle ire della gente le banche hanno scalato posizioni e sono arrivate in vetta.

L’ultimo motivo di lagnanza riportato nelle ultime settimane dalla stampa?
Hanno incassato a fine dicembre alcune centinaia di miliardi di euro (spiccioli?) sotto forma di finanziamento agevolato all’1% da parte della BCE e, anziché metterli in circolo nel sistema economico rinvigorendo il credito, li hanno depositati sui loro conti di tesoreria presso la stessa banca centrale.

E cosa sentiamo invece ora?
Il “Professore dalle Impressionanti Misure” bacchetta, anch’egli, le banche a proposito dell’utilizzo di tali somme ma, le critica perché non le destinano in misura sufficiente all’acquisto di titoli di stato!

Come si spiega questa apparente contraddizione per chi dovrebbe, invece, favorire in tutti i modi la ripresa economica tramite l’afflusso delle risorse al sistema economico?
Chi ha ragione: professori, giornalisti o banchieri?
Certamente, pur non brillando spesso e volentieri per correttezza e trasparenza, i banchieri sanno certamente far di conto.

Sanno bene che detenere il denaro in liquidità non favorisce i loro guadagni.

E’ chiaro che destinarli all’erogazione di prestiti a favore della clientela produce margini superiori.

Perché non lo fanno, allora?
Una normativa che impone alle banche di prestare soldi solo in presenza di una adeguata dotazione patrimoniale.

Attenzione, non mi riferisco al patrimonio del cliente da finanziare ma…al proprio!

Le banche, infatti, prestano il denaro depositato dai propri clienti.

I quali, nel momento in cui lo versano sul proprio conto corrente o sottoscrivono le obbligazioni della banca, ne perdono possesso e proprietà, diventando semplici creditori di quell’istituto.
A quel punto il denaro viene prestato dalla banca, ad un tasso superiore, a privati ed aziende.
La differenza fra quei tassi è il margine della banca, che serve a pagarne tutti i costi di esercizio (personale, sedi, ecc.).

Il banco, o meglio, la banca vince sempre!
In realtà le cose sono leggermente diverse.

I tassi, infatti, sono in questa fase storicamente molto bassi.
Una costosissima rete capillare di sportelli diventa progressivamente inutile, quando ormai oltre il 50% dei c/c in Italia sono usati on-line (dato Associazione Bancaria Italiana).

Inoltre crescenti perdite su crediti, difficilmente esigibili a causa della complicata situazione economica attuale, sono ulteriori elementi che erodono significativamente tale margine fino a renderlo in molti casi negativo.

Le perdite riducono il capitale della banca, e quindi la garanzia di rimborso ai propri depositanti.
I principali istituti hanno visto negli ultimi mesi addirittura azzerare il proprio patrimonio a causa di queste perdite e dovuto sostenere aumenti di capitale per evitare di chiudere battenti, con reazioni disastrose nell’andamento del proprio titolo.

Quindi, non avendo capitale a sufficienza, non possono in alcun modo prestare i soldi ricevuti dalla BCE.

E allora che se ne fanno?
La riduzione avvenuta nell’ultimo mese dello spread con il Bund ha solide radici in quei denari ricevuti dalle banche.
Sono i loro acquisti, in particolare sui titoli in emissione dove Mr. Draghi non può intervenire, a contenere il reale costo di finanziamento dello Stato.

Poco c’entra la famosa e fumosa “ritrovata fiducia dei mercati”…
Così come relativamente poco c’entrava l’aumento dello spread con il deficit dello Stato, come dimostrano gli ultimi dati pubblicati sul reale andamento di quest’ultimo, relativi a settembre quando il differenziale rispetto ai titoli decennali tedeschi veleggiava intorno a 500 punti.

Ed allora di cosa si lamenta Monti?
Perché, già che ci sono, alcune banche hanno deciso di usare una parte di quelle risorse per acquistare, anziché i titoli di stato, i propri titoli.
La legge della domanda e dell’offerta gli consentirà, grazie a questa mossa, di ridurre il costo della propria raccolta.

In sostanza potranno pagare interessi più bassi a depositanti ed obbligazionisti, aumentando così il proprio margine.

Chi ha ragione, quindi?
Dove si spiegano i reali accadimenti, i relativi interessi in gioco e quindi le possibili strategie da utilizzare per tutelare e valorizzare i propri risparmi in funzione di ciò che da essi si desidera ottenere?
Beh, non ce l’ho con i giornalisti…a maggior ragione da quando, a colpi di notizie sullo spread, hanno trasformato 56 milioni di commissari tecnici della nazionale in 60 milioni (c’è stata immigrazione, nel frattempo) di economisti!

😉

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